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La danza “politica” di Frenak

Trentino @ Katja Casagranda

2019.09.01.


Il Festival Oriente Occidente. Il coreografo ungherese stasera al Melotti con il suo “Birdie”. «La gabbia Ăš sempre piĂč stretta, bisogna ribellarsi» In programma al Teatro alla Cartiera anche la prima nazionale di “Long Time no see!” firmato dalla coppia Beatrix Simko e Jenna Jalonen


ROVERETO. Intensa giornata oggi, 1 settembre a Rovereto , con il Festival Oriente Occidente che propone ben tre spettacoli. Replica al Mart “Soma” di Martin Talagaore 19e segue alle 20.30 lo spettacolo “Birdie” di Pal Frenak in Auditorium Melotti, mentre alle ore 22 Teatro alla Cartiera ospita il lavoro in prima nazionale di Beatrix Simko e Jenna Jalonen, ungherese l’una efinlandese l’altra “Long Time no see!” in cui portano in scena l’isolamento delle proprie terre d’origine. Si parla di gabbie e prigioni, interiori e fisiche invece in Birdie, di cui racconta il coreografo ungherese Pal Frenak.

Come nasce Birdie?

C’ù un'isola, non lontano da Venezia, che ho visitato e poi ho visto il documentario di Raymond Depardon, intitolato San Clemente. Qui i pazienti pur confinati sull’isola potevano vivere relativamente liberi. CiĂČ mi ha impressionato e affascinato come prigionia e libertĂ  potessero convivere, sentendo propria l’isola, lontani dal resto del mondo. Il mio lavoro Ăš stato ispirato e influenzato dalla pellicola di Alan Parker “Birdy” tratto dal libro di William Warthon, la cui resa fotografica mi ha riportato ai ricordi d’infanzia. Ho vissuto 7 anni in orfanotrofio dopo la morte di mio padre, avevo 6 anni, equesto film mi ha fatto capire come la situazione vissuta da me e dai bambini nell’orfanotrofio fosse molto simile a quella del film. Inoltre ciĂČ succedeva nel periodo comunista, un sistema chiuso, in cui io ero anche una minoranza perchĂ© figlio di genitori sorranza perchĂ© figlio di genitori sordi. Bambini abbandonati, rinchiusi, lasciati indietro. Il film eil libro mi hanno aiutato ad elaborare e usare la mia arte e il mio vissuto per affrontare il ricordo di questo confinamento e scrivere la drammaturgia. Ricordo la recinzione da cui guardavamo il mondo e per sopravvivere unica ancora era la fantasia che mi ha salvato, non cme centinaia di bambini abbandonati dai genitori, dal governo che muoiono. È una questione sociopolitica a cui do voce nei miei lavori.

Politica e arte che rapporto hanno?

La politica appare sempre nell’arte. Non la politica direttamente, ma la sociopolitica. Com’ù possibile che oggi, nel nostro mondo, i sordi, i disabili fisici o le persone svantaggiate non siano rappresentati allo stessomodo? Ho lavorato per 9 anni in un ospedale, creando un programma per bambini fisicamente disabili. Lotto contro l’indifferenza, perchĂ© molte persone non riescono a vederla in profonditĂ , vedono solo la superficie enon conoscono la discriminazione verso le minoranze. Ho scelto di diffondere questo messaggio. Nei paesi dell’Est si lotta contro molti ostacoli per fare arte e diffonderla, ma ho incontrato resistenze anche in Francia dove risiede la mia compagnia. Ladanza contemporanea ha difficoltĂ  a capire cosa intendiamo, noi dell’Est, per tensione corporale. Essaper noi rappresenta una tensione emotiva e sentimenti profondamente oppressi. Siamo cresciuti in un’epoca di oppressione e questo lo traduciamo nella danza e questo in Francia non veniva za e questo in Francia non veniva compreso o accettato da parte di chi conduce la vita culturale, la leadership, non parlo del pubblico. Sono molto preoccupato per il futuro deciso da chi monopolizza il mondo nell’indifferenza. Nel mio vivere l’Est e l’Ovest, Budapest e Parigi, vedo come i problem stiano diventando davvero simili. In entrambi i paesi, la gente pensa di essereimmortale ed Ăš terribile vedere come si forma il business e come guida le strutture e i sistemi sociali. Èsconvolgente vedere come questi paesi civilizzati uccidano, anche se in modo civile. Per esempio, negli Usa, come lepersone siano sistematicamente avvelenate dalla propria industria alimentare. La gabbia Ăš sempre piĂč stretta, dobbiamo svegliarci o sarĂ  troppo tardi esolo alcuni privilegiati lafaranno franca.

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